E’ un fatto ormai noto, perché battuto dalle principali agenzie stampa e dalle testate giornalistiche di tutta Europa: la Svezia ha annunciato di aver trovato un giacimento enorme da oltre un milione di tonnellate di terre rare, cioè i 17 metalli fondamentali per la produzione di componenti elettronici e microchip, che oggi servono per l’industria tecnologia dalla produzione di smartphone, ai personal computer, alle automobili, ai pannelli fotovoltaici, agli elettrodomestici e così via. In pratica tutto ciò che è sottostante alla economia contemporanea e allo stile di vita del mondo Occidentale.
Il giacimento minerario è stato scoperto dal gruppo svedese Lkab, a partecipazione pubblica ed è il più grande mai trovato in Europa.
Secondo l’agenzia ANSA l’amministratore delegato del gruppo Jan Moström avrebbe dichiarato in un comunicato ufficiale “Questo è il più grande giacimento di terre rare conosciuto nella nostra parte del mondo e potrebbe diventare un importante tassello per la produzione di materie prime critiche, assolutamente cruciali per la transizione verde”, e ha aggiunto”E’ una buona notizia non solo per la Lkab, la regione e il popolo svedese, ma anche per l’Europa e il clima”.
Cosa sono le terre rare e dove si trovano i più importanti giacimenti?
Le terre rare sono in pratica un gruppo di 17 elementi chimici: cerio (Ce), disprosio (Dy), erbio (Er), europio (Eu), gadolinio (Gd), olmio (Ho), lantanio (La), lutezio (Lu), neodimio (Nd), praseodimio (Pr), promezio (Pm), samario (Sm), scandio (Sc), terbio (Tb), tulio (Tm), itterbio (Yb) e ittrio (Y).
Sappiamo che tra le loro proprietà vi sono quelle magnetiche e conduttive, grazie alle quali l’industria elettronica è riuscita, a titolo di esempio, non solo a costruire, ma anche a ridurre le dimensioni di molti dispositivi elettronici di uso comune nella nostra vita quotidiana. Le riserve mondiali di terre rare si trovano in tutto il mondo, ma sono particolarmente diffuse in Cina, dove sono circa un terzo del totale, Brasile, Vietnam, USA, Australia e Russia. Proprio la Cina, oltre ad essere uno dei primi estrattori di terre rare, ne è sicuramente il principale produttore (si stima una produzione del 60% a livello mondiale in questo Paese) e a Baotou si trova il suo più grande giacimento.
L’Europa sembra pertanto tagliata fuori dai giochi dovendo dipendere totalmente dall’estero per le proprie produzioni industriali che necessitano di questi minerali e in particolare da Paesi come Cina o Russia, che, visti i recenti sviluppi geopolitici, potrebbero essere partner commerciali a forte rischio. Non è un caso che di recente la Commissione Europea ha stilato un documento programmatico per far fronte a questa situazione di rischio denominato “European Critical Raw Material Act”.
La leadership cinese è recente e si può dire che la sua affermazione è avvenuta dagli anni ’90 in poi quando gli USA, principali estrattori ed utilizzatori di terre rare, hanno rallentato a causa dell’importante impatto ambientale di queste produzioni.
Tra i Paesi dove sarebbe possibile investire, ma con rischi economici e politici da valutare, dove sono presenti i maggiori giacimenti vi sono quelli dell’Africa: Angola, Namibia, Sudafrica e Madagascar.
La notizia di un mega giacimento in Europa però cambia tutte le strategie e ribalta i rapporti di forza.
Cosa propone l’European Critical Raw Material Act?
Sul sito ufficiale della Commissione Europea viene testualmente riportato che: La Commissione propone oggi un insieme globale di azioni per garantire l’accesso dell’UE a un approvvigionamento sicuro, diversificato, economicamente accessibile e sostenibile di materie prime critiche. Le materie prime critiche sono indispensabili per un’ampia gamma di settori strategici, tra cui l’industria a zero emissioni nette, l’industria digitale, l’industria aerospaziale e la difesa.
Sebbene sia previsto un aumento drastico della domanda di materie prime critiche, l’Europa dipende molto dalle importazioni, e spesso da fornitori di paesi terzi quasi monopolistici. […]
Insieme alla riforma dell’assetto del mercato dell’energia elettrica e alla normativa sull’industria a zero emissioni nette, le misure odierne sulle materie prime critiche creano un contesto normativo favorevole alle industrie a zero emissioni nette e alla competitività dell’industria europea, come annunciato nel piano industriale del Green Deal.
Il regolamento intende stabilire chiari parametri di riferimento riguardanti le capacità dei Paesi dell’area Euro lungo la catena di approvvigionamento strategica delle materie prime e la diversificazione dell’approvvigionamento dell’UE con un obiettivo di raggiungimento per il 2030:
- almeno il 10% del consumo annuo dell’UE per l’estrazione;
- almeno il 40 % del consumo annuo dell’UE per la trasformazione;
- almeno il 15 % del consumo annuo dell’UE per riciclaggio;
- un massimo del 65 % del consumo annuo dell’Unione di ciascuna materia prima strategica in qualsiasi fase pertinente della trasformazione può provenire da un unico paese terzo.
Non solo terre rare nell’elenco delle materie prime critiche per l’Europa, infatti le Materie Prime Critiche individuate nella lista più recente (2020) sono 30: Antimonio, Afnio, Barite, Bauxite, Berillio, Bismuto, Borato, Carbon coke, Cobalto, Fluorite, Fosforite, Fosforo, Gallio, Germanio, Gomma naturale, Grafite naturale, Indio, Litio, Magnesio, Metalli del gruppo del platino, Titanio, Niobio, Scandio, Silicio metallico, Stronzio, Tantalio, Terre rare leggere, Terre rare pesanti, Tungsteno, Vanadio.
E in Italia a che punto siamo?
Dall’industria italiana arrivano messaggi di approvazione sull’European Critical Material Act. Come riportato recentemente dall’agenzia stampa ANSA che citiamo testualmente, l’a.d. di Fincantieri Pierroberto Folgiero ha dichiarato, a seguito dell’incontro trilaterale Italia-Francia-Germania di fine giugno scorso: “Avere garanzie di accesso alle materie prime è essenziale: penso in particolare al rame per i chilometri di cavi che installiamo, al litio per la nave verde che abbiamo in cantiere, all’acciaio di riciclo – a riprova di come i rottami possono diventare raw material critici – al cromo e al molibdeno destinati all’acciaio amagnetico dei nostri sottomarini.,Fincantieri accoglie quindi con estremo favore l’iniziativa del Critical Raw Materials Act, che segna la rotta per una catena di fornitura resiliente e competitiva”.
Non solo buone notizie dall’Europa con la scoperta del giacimento in Svezia, ma anche nel nostro Paese, infatti è notizia dello scorso settembre che l’Università di Ferrara ha scoperto nella cava di granito di Buddusò in Sardegna, uno dei più importanti potenziali giacimenti di materie prime critiche in Europa.
I graniti di Buddusò, secondo gli studi condotti dall’Università e finanziati da un progetto europeo (finanziato dal Pon React-Eu) sono composti per l’80%-85% di quarzo e feldspati, che sono materie utilizzate per il comparto della produzione di ceramica e del vetro. Inoltre contengono anche buone percentuali di allanite, un minerale magmatico raro che si caratterizza per essere ricco di terre rare (Lantanio, Cerio, Praseodimio, Samario e Neodimio) e anche quantità di Ferro, Tantalio e Niobio. Questi graniti si distinguono da altri per contenere anche concentrazioni utili di Germanio e Gallio, elementi importanti per la produzione di componenti della green economy come ad esempio pannelli solari.
Le terre rare si possono riciclare?
In realtà la vera miniera di terre rare sembra che sia all’interno dei RAEE e si stima che il riciclo potrà soddisfare da qui a due decenni dal 20% al 32% del fabbisogno italiano annuo di materie prime strategiche per il digitale e la green economy: il target del 15% fissato dalla Commissione Europea all’interno dell’European Raw Material Act può essere raggiunto già nel 2030. Questi dati vengono riportati da ANSA citando uno studio di The European House – Ambrosetti in collaborazione con Iren, presentato il 24 maggio 2023 a Roma.
Per raggiungere tassi di riciclo significativi, è necessario però un incremento della dotazione impiantistica: in Italia per esempio si stima che saranno necessari 7 impianti per il recupero di materie prime critiche, per un investimento complessivo di oltre 330 milioni di Euro.
Insomma la sfida Europea all’autosufficienza e alla revisione delle catene di approvvigionamento di minerali e terre rare, ma in generale di materie prime è appena cominciata: il processo di deglobalizzazione è sempre più forte, chissà se il futuro prossimo rivedrà di nuovo il Vecchio Continente al centro della leadership industriale, economica e politica mondiale.